Le opinioni intono al progetto di minimetro che dovrebbe collegare Caldaro a Bolzano si dividono su un duplice terreno: politico da un lato, tecnico dall’altro. Quello politico è, forse, il meno nuovo e pertanto il meno interessante, anche se ritengo siano nel giusto coloro che non si stancano di criticare apertamente i metodi usati dalla provincia per “imporre” a Bolzano non solo un progetto, ma anche l’impresa che lo propone. E non sono fuori strada nemmeno coloro che, cifre alla mano, osservano che si spendono centinaia di milioni di euro ogni anno sul territorio provinciale e neanche un centesimo, almeno finora, a Bolzano: che tradotto in parole povere significa che si investe a beneficio dei bacini elettorali locali, trascurando di dedicare la giusta attenzione anche in materia di viabilità e grandi opere a Bolzano, dove in fin dei conti risiede il 20% della popolazione altoatesina, e la maggiore comunità di lingua italiana della provincia. Che da essa, come noto, non sia ragionevole attendersi mirabolanti gesti di affezione elettorale al potere provinciale di lingua tedesca non dovrebbe essere motivo sufficiente per tagliare fuori il capoluogo da un progetto complessivo, ispirato a un disegno serio, attento alle risorse concretamente disponibili, ai bisogni della gente comune, all’ambiente e al paesaggio. Ma forse il disegno non c’è. Certo, a prescindere da qualsiasi ulteriore considerazione politica, è quanto meno comico o bizzarro che il Presidente Durnwalder e i suoi assistenti di giunta si trasformino in piazzisti della Ditta Leitner la quale, peraltro, vende assai bene i suoi prodotti anche fuori provincia, e sulle proprie gambe. Se Bolzano ha un problema di traffico e di viabilità, e purtroppo ce l’ha, studi una soluzione per quanto possibile politicamente condivisa, ne approfondisca i dettagli tecnici, faccia un piano di spesa, progetti alla mano si faccia ricevere dall’Assessore Mussner, e si faccia dare i soldi come fa qualsiasi Comune dell’Alto Adige. Magari ricordando al Presidente della Giunta provinciale che Bolzano ha un Masterplan, e che l’Agenda del Comune la scrive il consiglio e la Giunta Comunali, non Palazzo Widmann.
Esiste poi un problema tecnico, essenzialmente riconducibile a due interrogativi: risolve il minimetro i problemi di viabilità e di traffico di Bolzano? Si presenta il minimetro veramente più conveniente, anche in termini economici, di qualsiasi altra proposta possibile, a cominciare dal tram? A queste due domande ha efficacemente risposto ieri il consigliere comunale verde Moroder. Piacerebbe a questo punto che vi fosse accordo sulle cifre che debbono servire a sostenere il progetto ovvero a respingerlo. Quanto costa davvero il tram? 300 milioni di euro, come sostiene il Landeshauptmann, o 160, come sostiene Moroder? E allora poniamo, per ipotesi, che tram e minimetro costino all’incirca uguale (200 milioni). Cosa scegliere? Forse, come dice il sindaco Spagnolli, è meglio attendere le valutazioni di dettaglio della struttura tecnica comunale. La mia impressione è che il minimetro servirà egregiamente la bassa atesina e l’hinterland dell’Oltradige, e questo spiega l’entusiasmo di quei comuni, Laives in testa, ma non Bolzano, perché il minimetro si terrà lontano proprio dall’asse principale intorno al quale è previsto che la città si sviluppi ulteriormente nel prossimo futuro: Via Druso. Italia Nostra, in quanto associazione attenta alle problematiche ambientali e della protezione del patrimonio storico artistico e naturale della nostra Patria, non può che salutare con favore qualsiasi soluzione che garantisca un significativo abbattimento del volume di traffico, e, con ciò, dell’inquinamento (gas di scarico, rumore etc.). Ma qui si innesta anche un problema di oculato utilizzo delle risorse disponibili. Ci eravamo appena ripresi dallo spaventoso piano di opere pubbliche che il Masterplan prevede per Bolzano, e avevamo appena finito di digerire la delusione per dovere ancora tirare la cinghia (se facciamo passare l’autostrada in galleria il Museo Civico, per dire, riaprirà nel 2098), che ci tocca guardare anche al minimetro. Possiamo almeno dire che siamo preoccupatissimi delle cifre che si sentono? Che ci preoccupa dovere inseguire sempre progetti faraonici la cui positiva ricaduta sulla comunità non è a priori garantita? E siamo sicuri che a 40 km all’ora il minimetro non corra il rischio di andare deserto? Si era detto: meno hardware, più software. Che tradotto veniva a significare: più innovazione e sviluppo, più ricerca scientifica e tecnologica, più cultura, più attenzione per l’ambiente e per il paesaggio. Ma intanto la realtà è questa, che l’hardware fatto di opere ciclopiche e di sacrifici che è sempre la comunità a pagare, colma il vuoto di idee di una classe dirigente che sul mattone ha costruito il consenso e sul mattone lo conserva, che piaccia o meno.
Umberto Tecchiati